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di BEPPE PASTORMERLO

“ Nel mezzo del cammin di mia vita, mi ritrovai in una selva oscura, chè la dritta via era smarrita. Ahi quanto a dir qual era è cosa dura esta selva selvaggia…” Il racconto dell’Inferno si apre con una dichiarazione spontanea introduttiva nel quale il Beppe da Vigevano racconta in prima persona del suo smarrimento spirituale.
Si ritrova infatti un una “ selva oscura “ poiché aveva smarrito la “ retta via “ della virtuosità ( si ritiene infatti che Beppe si senta colpevole più degli altri del peccato di tastiera, che, diversamente da quello che si pensa nella vita normale, in quella letteraria, è posto sempre come il più grave tra i peccati puniti ).

Tentando di trovarne l’uscita, l’autore scorge da lontano un Collina illuminato dalla luce del cranio e tenta di raggiungerne la cima, ma viene fermato da tre belve feroci : una lonza, allegoria della fogna nero bluastra , un leone, simbolo della superbia di Guido Rossi e da una lupa, che rappresenta l’avidità, i tre vizi che stanno alla base di tutti peccati sportivi.

A salvarlo da queste tre bestie, però, gli si fa incontro il grande centravanti del passato Virgili , che, dopo aver cacciato le fiere ed aver profetizzato lo scudetto alla Roma, si presenta come l’inviato di Mughini, la don… l’uomo amato da tutti gli juventini, il quale aveva interceduto presso le televisioni affinché la Juve fosse redenta dai peccati. Virgili e Mughini sono in realtà due allegorie rispettivamente della forza e della ragione : il primo considerato come il centravanti italiano più prolifico della classifica marcatori ed il secondo in quanto delicato e sapiente scrittore di cose juventine.

Dalla Collina dove Beppe aveva situato la “ selva “ , Virgili lo condurrà attraverso l’inferno ed il Purgatorio perché, attraverso questo viaggio, la sua anima bianconera possa salvarsi e purificarsi dalla B in cui era caduta. Dopo di ché, Mughini prenderà il posto di Virgili : allegoricamente infatti la sola forza fisica non può arrivare alla Champions ( e nemmeno Zatteroni ) , ma è necessario l’intervento della ragione e della fede. Inoltre Virgili, avrebbe parecchie volte bestemmiato per cui non lo potrebbe comunque accompagnare al Paradiso dell’Europa.

Inferno – Canto III ( i primi due sono delle fregnacce ) – “ Lasciate ogne speranza, voi ch’intrate “ Sta scritto sopra l’ingresso al primo regno come ammonimento. Oltrepassato un oscuro corridoio, i due esseri si trovano sulle rive dell’A che rogne… , il primo fiume infernale, per il quale le anime devono passare per raggiungere l’Inferno vero e proprio, trasportate dal traghettatore Zaccheronte. Qui , nel Vestibolo, oltre ai calciatori in attesa della partita, stanno gli ignavi , quelli che in settimana dovrebbero prepararli alla tenzone, e che sono rifiutati sia dall’Inferno che dal Paradiso. Figure di spicco appaiono essere Papa Celestino V, Ponzio Pilato, John Elkan ( colui che per viltà fece il gran rifiuto ). Per punizione devono correre nudi punti da Vespa e Mosca, inseguendo una bandiera senza colori.

Passato l’ A che rogne, i due attraversano il primo cerchio, Il Limbo, dove stanno le anime pure che non furono mai introdotte nel calcio, come i Giovinco, i Marrone, i Immobile ed i pulcini appena entrati nel mondo pallonaio. Quindi Beppe ed il suo “ maestro “ entrano nell’Inferno vero e proprio. Alla porta di questo sta un Abete che, da giudice giusto quale dovrebbe essere, decreta il cerchio dove le anime dannate dovranno scontare la loro pena di serie A o B. Superato Abete, Beppe e Virgili si trovano nel secondo cerchio dove sono puniti i Lussuriosi, tra cui spiccano le anime di Borriello e Belen, Papi II e Noemi, Silvio e Francesca, Bobo e Melissa : “ …Amor ch’a mille euro amato amar perdona, mi prese del costui piacer si forte….”, declama Francesca… Quindi i golosi, in eterna punizione che consiste nell’essere divorati da Sky e gli avari ed i prodighi. Qui i due vengono accolti in modo sinistro con la minacciosa invocazione di Capello “ Papin Satan Papin Satan al Milan “, ma viene subito zittito da Virgili con la famosa risposta “ Vuolsi così, colà dove si puote “ con un chiaro riferimento a Bergamo e Pairetto. Tra i golosi sono situati tutti i presidenti di serie B mentre tra gli avari ed i prodighi si notano il grande Boniperti ed il meschino Mosorci, situati in due schiere opposte che spingono massi. Arrivati a metà giro si scontrano, insultandosi e rinfacciandosi vicendevolmente gli errori commessi “ Perché tieni ? “ “ Perché burli ? “ poi si voltano rifacendo il percorso nella direzione opposta.

Appare il fiume Stige, nelle cui fangose acque sono puniti gli iracondi e gli accidiosi. Qui Beppe vede Camoranesi e Stankovic, Zebina e Muntari, Melo e Samuel nudi fino alla cintola, immersi nelle acque fangose, presi dalla furia che li fa “ picchiare tra di lor con tutti gli arti “. Virgili chiarisce presto che si tratta delle “ anime di color cui vinse l’ira “ . Alcuni critici vorrebbero sostenere che nella palude si trovino nascosti anche altri peccatori come Gattuso e Ambrosini, Derossi e Totti, ma non c’è alcun indizio a sostenere questa ipotesi. Beppe tende al bipolarismo inteso a dualizzare le punizioni che dovrebbero essere equamente divise tra bianchi neri e bluastri.

Camminando, i due arrivano quindi alle mura della città di Dite, ma vengono loro chiuse le porte in faccia. Dopo numerosi tentativi entrano nella città, anche grazie all’intervento dell’angelo Luciano ( una ne pensa e mille ne fa ) dove sono puniti coloro “ che il calcio col corpo morto fanno “ , ovvero non credono nell’immortalità del calcio, cioè gli epicurei e gli eretici in generale : tra gli eretici incontrano Zamparini degli Uberti,uno dei più famosi personaggi dell’inferno. Zamparini visse nel 21 secolo, una delle epoche più difficili per l’agone. Fu a capo della fazione nero verde di Venetia per lunghi anni. Fu poi esiliato e trovò riparo nella città di Zyz, oggi Palermo, appena fondata dai Fenici. …. Continua dopo la partita….

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