di GIANLUCA SCATENA
Una morte lenta e impercettibile è la condanna che questa povera Juve sta pagando. Tutti ne assorbono le conseguenze, soprattutto chi ne fa le veci e si disinteressa a prescindere dai danni che la squadra accumula incessantemente. Ma nessuno, in qualche modo, può salvarsi o escludersi dalla grande cerchia degli accusati, nemmeno colui che di colpe ne ha ben poche. L'ultimo di cui ci si può lamentare è Alberto Zaccheroni, successore effettivo di Ciro Ferrara, ma di sicuro non rivoluzionario rispetto al suo predecessore. D'altronde ci sarebbe un lungo treno di elementi da rivoluzionare, ma che abbia l'ufficio degli Elkann come stazione di partenza. La grande pecca che Zac ha evidenziato durante la serata dai sapori meridionali e napoletani, riguarda la decisione di far entrare, sul risultato di 1-1, un ulteriore difensore al posto di un attaccante. L'obiettivo minimo è il quarto posto, eppure sembrava che un pareggio bastasse per essere soddisfatti! (Bèh, dopo l'innumerevole lista dei record negativi e delle gioie regalate, la paura di una rimonta è sempre e inevitabilmente concessa.).
Rimanendo immobili nello spazio campano, in questi giorni avrete sicuramente sentito parlare del processo di Napoli. E da quello che ne è scaturito, nessuno, forse, potrà ancora esentarsi da un'opinione generale sempre più chiara sulle vicende farsesche esplose nel 2006, specialmente se un "provolone" dichiara di non saper dare spiegazioni per la "magica" scomparsa di un'intercettazione che interessa (e non poco) i nerazzurri.
Quindi, come se non bastasse, la stessa città che ospita il processo, famosa per gusto, tradizioni e...pizza, ha accolto "festosamente" i nostri ragazzi, dimostrando ancora una volta quanto una catena di complotti possa essere deficitaria per una società di importanza mondiale, anche col passare degli anni.
Tre pizze per tutti, un "Auricchio" in tavola e il pasto è servito.